Somministrazione di emotrasfusioni ed emoderivati: Corte di Cassazione sentenza n. 820/2015

10.11.2015 17:58

Con la sentenza n. 820, resa pubblica il 20 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha ripercorso, e confermato, i più importanti principi in materia di risarcimento dei danni derivanti dalla somministrazione di trasfusioni ed emoderivati.

La prima questione affrontata riguarda l’individuazione del dies a quo della prescrizione. La Corte, in applicazione dei principi di “percepibilità” e “conoscibilità” del danno, unitamente a quello della “rapportabilità causale”, afferma che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assuma di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma dell'articolo 2935 c.c. e dell’articolo  2947 c.c., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, ma dal momento in cui la stessa viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche. Nel caso di specie, pertanto, il termine dovrà decorrere non dalla scoperta della semplice positività ai virus HBV e HCV, ma dalla proposizione della domanda amministrativa ex lege n. 210/1992, in quanto solo in quel momento la vittima del contagio ha avuto una sufficiente percezione sia della malattia che delle possibili conseguenze, oltre che del fatto che questa sia derivante dal comportamento del terzo.

Successivamente, il Giudice si è espresso in merito alla responsabilità del Ministero convenuto. Su questo grava un obbligo di controllo, direttive e vigilanza in materia di impiego del sangue umano per uso terapeutico, al fine di evitare l’utilizzo di sangue infetto. Dall'omissione di tali attività, accertata con  riferimento all'epoca di produzione del preparato, oltre che alla conoscenza oggettiva ai più alti livelli scientifici della possibile veicolazione di virus attraverso sangue infetto, unitamente all'esistenza di una patologia correlata al virus HIV o HBV o HCV in un soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, consente di ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell'insorgenza della malattia, e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, ove tenuta, avrebbe impedito la verificazione dell'evento.

Relativamente alla responsabilità dell’ente ospedaliero convenuto, gli Ermellini hanno chiarito come quest’ultimo risponda, in questo caso, a titolo di inadempimento contrattuale in forza del c.d. “contratto di spedalità”, un autonomo ed atipico contratto a prestazioni corrispettive. La circostanza che il sangue impiegato nelle trasfusioni provenisse da un centro di raccolta indipendente dall’ospedale, precisa la Corte, non vale ad esonerare la struttura ospedaliera dalla responsabilità di aver omesso controlli sul sangue utilizzato utili a scongiurare il contagio.

Infine, è stata affrontata la questione relativa alla scomputabilità dell’indennizzo ex lege 210/1992, già percepito dal danneggiato, dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento danni: la Corte di Cassazione ha ritenuto deducibile la misura assistenziale in applicazione del principio della compensatio lucri cum damno.